Fulvi Bozzetta durante il suo concerto in Casa del popolo, 30.09 2022
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MUSICA.

NOSTALGIA DEL FUTURO NELL’ULTIMO LAVORO

DI FULVIO BOZZETTA, SIMPATICO MI

 

di Gianluca Paciucci

 

Fulvio Bozzetta è un grande amico della Casa del Popolo di Ponziana e dell’Associazione culturale “Tina Modotti”: il 30 settembre scorso ci ha regalato uno straordinario concerto di presentazione del suo ultimo lavoro, Simpatico mi (2022), insieme a Matteo Verdiani (voce recitante alcuni propri efficacissimi brani) e Piero Purich (al sassofono ma anche curatore di alcune indispensabili sintesi storiche). Nella saletta di via Ponziana 14 hanno suonato e cantato, negli ultimi anni, Gualtiero Bertelli, Sara Modigliani, Tore Panu, Massimo Ferrante, Cesare Bermani, Antonella Di Palma, Sandra Mangini, Isabella Mangano, Stefano Donegà, e cioè quanto di meglio e più avanzato ha dato e dà la canzone di ricerca e d’autore nell’ambito del folk-revival: e spesso cantori e cantore hanno unito ai concerti incontri di approfondimento su loro brani o su testi della canzone popolare, sociale e politica. Altri autori abbiamo ospitato: su tutti ricordiamo Massimo Serli, con il suo lavoro In parziale miglioramento altrove (2019), di squisita sensibilità poetica e musicale. In un’intervista al Piccolo quest’ultimo dice che “in dialetto si può parlare di cose alte, profonde, pensiamo a Cergolj, a Lacosegliaz” (https://ilpiccolo.gelocal.it/tempo-libero/2019/04/05/news/massimo-serli-cd-tutto-in-triestino-lingua-della-crescita-e-dell-amore-1.30165510). E qui un cerchio si chiude, un cerchio che definisce una storia e quasi una scuola: il dialetto, le vicende di Trieste da quelle più intime a quelle più politiche, e la presenza di maestri di grandissimo valore, in poesia e musica. Di questa stessa storia e scuola fa parte Bozzetta (e pensiamo anche a Toni Bruna, Stefano Schiraldi, Irene Brigitte), di qualche anno maggiore di Serli, tra i fondatori del “Canzoniere triestino” (per notizie più dettagliate su Bozzetta, vedi l’ottimo articolo https://bora.la/2022/09/15/simpatico-mi-poesie-di-cergoly-musicate-da-fulvio-bozzetta/).

Il passaggio di Bozzetta dalle ricerche sul campo di musica popolare ai suoi due album cantautorali usciti negli ultimi sei anni (Simpatico mi e Metabolismo lento, quest’ultimo del 2016) si è svolto con naturalezza, con la valorizzazione, sia nei testi da lui scritti sia in quelli di Cergoly, della ricchezza poetica e della complessità, nei versi come negli arrangiamenti. In Simpatico mi, in particolare, le registrazioni raccolte nel cd splendidamente illustrato da Ugo Pierri sono di estrema raffinatezza e si avvalgono di musicisti/e sopraffini/e (lungo sarebbe darne i nomi, ma meriterebbero). Particolarmente riusciti “Voi che no gavè letto”, “Arone Pakitz”, “El kolo go balà” e “Go visto le sirene”. Gli echi musicali sono quelli che, cantautorialmente, vengono suggeriti dalla chitarra di Bozzetta: essi però si ampliano a sonorità balcaniche e klezmer (qui pensiamo alla produzione dei Maxmaber), fino a raccogliere tutti i suoni che dal cuore dell’Europa hanno raggiunto e raggiungono Trieste, febbrilmente mescolandosi. Proprio come Lacosegliaz, di cui ricordiamo la forte passione per Cergoly, come nell’album Tre poeti del Friuli-Venezia Giulia, Pasolini, Cergoly e Kosovel, con componimenti messi in musica ed eseguiti insieme all’Orchestra di Poesia del FriuliVeneziaGiulia (2006), anche Bozzetta coglie diversi aspetti della produzione poetica del “Garcia Marquez de Ponte rosso”: l’amata e odiata Trieste, “stupida e cattiva”, in “Ponterosso”, ma anche fondale necessario e sublime per ogni avventura e sogno (“Hohò Trieste”, manifesto di poetica e di vita); i ritratti di personaggi sempre immersi in storie fantastiche e dolorose (“Vida de Duin”, “Piasso la ghe ga subito” –un femminicidio raccapricciante-, “Poesia de un barbon”, “Cinque anni de Psichiatrico”); la storia (Storia) di questa città, irrisolta ancora oggi, ancora oggi furiosa e basata su velenose rimozioni (l’autobiografica “Radice ungaro slava”, poi “Arone Pakitz” e “Fuma el camin” –di cui basterebbero tre versi a far di Cergoly quel poeta centrale e superlativo che è, e che invece non tutti apprezzano: “…Su femo i bravi / In fondo xe un brusar / Ebrei e slavi”­…); il mare, anima di questa città con il suo fratello Carso (“Pot-pourri sul mar”, “Chi no capissi el mar”, “Go visto le sirene”); poi gli amori, spesso infelici, che però tutto tengono, e la morte, sorella morte (in quel canto conclusivo dell’intero lavoro, “Cussì me piaseria”, che è approdo colmo di vita, come un boccale di birra o un bicchiere di terrano, come un libro, l’ultimo da accarezzare – “…Me piaseria morir / Toccando costola de libro / Moria de Erasmo…”). Bozzetta accompagna i versi, con una voce rara di bassi e di fumo, con struggimento malinconico e novecentesco, valorizzando anche un altro aspetto della poesia di Cergoly, la tendenza elencativa, alla Palazzeschi, e il suono dei nomi propri e dei luoghi che raccontano Trieste più d’ogni altra cosa (“…Carlo colonna / Sesto d’Asburgo / Canto de Saba / Colori de Veruda / Prosa de Svevo / Analisi de Weiss / Questio Vivante…” –altro grande dimenticato, quest’ultimo, dalla Trieste “stupida e cattiva”…- in “Hohò Trieste”). Nomi che Bozzetta mastica e accarezza dicendoli, amandoli.

Un gran lavoro, questo di Bozzetta, dentro una famiglia di musici e dentro un sentire che fa del suo omaggio a Cergoly un edificio consegnato alla Trieste futura che noi vorremmo già attraversare.

 


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